giovedì 1 dicembre 2011

Oltre la destra e oltre la sinistra

Destra e sinistra sono, oggi, categorie politiche desuete. Così come etichette quali progressista e conservatore. Il liberalismo democratico, attento alla dottrina sociale del cattolicesimo, che è sempre stato la mia “stella polare” nell’agire politico, trova oggi sintesi nel paradigma della “economia sociale di mercato”: libertà economica regolata, fiscalità equa, diritti del lavoro tutelati, welfare efficace nella redistribuzione del reddito, attento all'universalizzazione dei diritti di cittadinanza e partecipato sussidiariamente dall'intervento del privato e del privato sociale, civismo e socialità implementati da rigorosa legalità, mutualismo cooperativo e corporativismo solidale. Tale paradigma è alla base del successo del modello "renano", il sistema socio-economico e politico-istituzionale della Germania, considerato oggi il più efficace sia per reggere le turbolenze finanziarie della globalizzazione sia per governare le conseguenti crisi economiche e sociali. Su questo modello, in Germania, sia il centro-destra cattolico liberale sia il centro-sinistra social democratico hanno trovato condivisione fin dagli anni '60. Su questo modello oggi trovano inedite e inaspettate convergenze un politologo laico e d'ispirazione socialdemocratica come il compianto Edmondo Berselli e Papa Benedetto XVI, oltre a una schiera multiforme di politici, economisti, sociologi. C’è qualcosa di analogo anche in Italia? Si. La Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna hanno un sistema socio-economico e una tradizione di buona amministrazione della “cosa pubblica” – grazie al virtuoso connubio di imprenditorialità privata, piccola e media, con mutualità cooperativa cattolica e socialista e di rigore legislativo, legalitario e programmatorio del pubblico con intervento sussidiario del privato e del privato no profit – che rappresentano le eccellenze, di centro-destra e di centro-sinistra, del nostro modello italico. Politici e persone di buona volontà dovrebbero, allora, impegnarsi affinché tali eccellenze venissero considerate patrimonio di tutti, indipendentemente dall’appartenenza politica di chi le amministra, e affinché si generasse cooperazione solidale anziché competizione asfittica. Riconoscere ciò che unisce, tralasciando ciò che divide, porterebbe più facilmente sia al reciproco riconoscimento di piena legittimità sia alla condivisione, se non proprio delle soluzioni, quantomeno della natura, della genesi e dell’entità dei problemi. Il primo passo è prendere coscienza e consapevolezza. Il secondo è condividere il pensiero, tramite la divulgazione e la formazione. Il terzo è l’impegno diretto nella comunità e nelle istituzioni, di qualsiasi ordine e genere, locali. Sogni, suggestioni? Può darsi. Ma l’inerzia, avendo consapevolezza dell’emergenza economica e sociale che stiamo vivendo, ha la stessa valenza della complicità. E poi la fiducia e la speranza poggiano sempre sul e vengono implementate dal comportamento dei singoli individui.

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