lunedì 10 febbraio 2014

Giorno del Ricordo


Nel 2004 il Parlamento italiano ha consacrato il 10 febbraio quale “Giorno del Ricordo”, al fine di conservare e rinnovare la memoria di tutte le vittime delle foibe e della tragedia degli esuli italiani. Da sette anni, ormai, questa giornata è dedicata alla memoria delle migliaia di italiani dell’Istria, del Quarnaro e della Dalmazia che, al termine del secondo conflitto mondiale, subirono indicibili violenze da parte delle truppe di Tito e trovarono una morte atroce nelle foibe del Carso, colpevoli soltanto di essere Italiani. Famiglie intere lasciarono le loro case conoscendo il dramma dello sradicamento e dell’esilio. Alcune decine di migliaia furono i nostri connazionali morti e oltre 350 mila gli esuli. I primi perirono vittime dell’odio etnico, gli altri, dopo secoli nei quali la presenza italiana aveva contribuito a forgiare la cultura e il volto della sponda orientale dell’Adriatico, furono costretti a lasciare la loro terra, la terra dei loro padri, per andare incontro a un destino ignoto in una madre patria che non sempre ha compreso appieno la loro sofferenza. Dopo anni di colpevole silenzio, anche grazie alla celebrazione del “Giorno del ricordo”, questo oblio è stato cancellato e la conoscenza e la coscienza di quegli anni tragici sono divenute patrimonio comune e condiviso. E' fondamentale che sulla memoria delle vittime delle foibe si sopisca ogni scontro e divisione all’interno del Paese, affinché la condivisione di una tragedia comune divenga un ulteriore fattore di unità del popolo italiano. E’ mia convinzione, infatti, che la costruzione di un’identità collettiva forte, presupposto per il rafforzamento della coesione nazionale e di un consapevole senso di appartenenza, debba passare necessariamente anche attraverso il ricordo di questo martirio. Senza memoria non c’è verità e senza verità non può esserci riconciliazione. Serve, pertanto, da parte delle istituzioni, una memoria sempre viva per contrastare ogni tentazione negazionista ed evitare il ripetersi di tali tragedie in altre forme e in altri luoghi.

venerdì 16 dicembre 2011

I 150 anni dell'unità d'Italia

Celebrare la ricorrenza, è il modo migliore per rinnovare l’adesione ai valori, ai principi e
agli ideali che hanno portato all’unità d’Italia, ne hanno consentito la difesa e ne hanno
prodotto il rafforzamento.
Un modo originale per contribuire alla celebrazione è quello di richiamare le molteplici
qualità dei cittadini dell’Emilia-Romagna, una regione laboriosa e solidale dove il benessere
del singolo passa per quello dell’intera comunità; dove migliaia di uomini, donne e giovani
fanno ogni giorno del volontariato e dell’associazionismo una scelta di vita; dove la solidarietà
è vissuta con consapevolezza; dove robusti sono gli anticorpi contro l’isolamento sociale, la
solitudine relazionale, l’egoismo individualistico e l’intolleranza alla diversità.
L’Emilia-Romagna ha un sistema socio-economico solido, che poggia sul virtuoso connubio di
imprenditorialità privata, piccola e media, con mutualità cooperativa, e una tradizione di
buona amministrazione della “cosa pubblica”, che poggia su rigore legislativo e tensione
legalitaria del pubblico con intervento sussidiario del privato e del privato non profit, sia
laico sia cattolico.
Riconoscere ciò che ci unisce, anche come emiliano-romagnoli, conduce più facilmente a
riconoscere la piena legittimità delle opzioni politiche e a condividere, se non proprio le soluzioni
quantomeno la natura, la genesi e l’entità dei problemi.
La sfida della globalizzazione ci porta oggi a perseguire il rafforzamento dell’unità del Paese
attraverso una nuovo e compiuto assetto federale dell’ordinamento. E a rinnovare l’impegno
di applicare con efficacia il principio di sussidiarietà, un principio che non ha ancora sufficienti
spazi d’attuazione. Questo significa favorire una sempre maggiore ed effettiva libertà di
scelta delle persone, delle famiglie, delle imprese. Applicare questo principio, significa avere
realmente fiducia nei confronti della persona: solo così la persona può continuare a fidarsi delle
istituzione, all’interno di un sistema condiviso e chiaro di regole e controlli.
La celebrazione dell’Unità d’Italia, alla luce delle attese nuove sfide dell’immigrazione, deve
essere anche l’occasione per ripensare a come favorire la piena integrazione sociale dei
cittadini stranieri, perseguendo la promozione di politiche d’integrazione e di inclusione sociale
finalizzate a rafforzare un senso condiviso di rispetto delle regole e di appartenenza territoriale
quale elemento imprescindibile per un’efficace politica di sicurezza.
E’ tempo, anche a livello regionale, di un nuovo patto di cittadinanza di diritti (educazione, lavoro,
sicurezza sociale, partecipazione) e doveri (comprensione e rispetto delle leggi e dei valori civici
caratterizzanti la comunità regionale), finalizzato a rafforzare la coesione sociale mediante la
valorizzazione del “capitale sociale”. La valorizzazione del capitale sociale regionale mira, infatti,
a rafforzare un sistema in cui risorse culturali, imprese e cittadini (autoctoni e stranieri insieme)
s’incontrano e concorrono alla creazione di un “valore” territoriale condiviso.
La chiave è il rispetto delle leggi, a partire dalla Costituzione, e dei valori che hanno portato alla
costruzione delle istituzioni democratiche: la tutela dei diritti della persona e della vita. Se
chi ospita per primo non rispetta o non fa rispettare le leggi e non testimonia con il suo agire,
soprattutto se ha responsabilità politiche, di avere a cuore quei valori, fa passare il messaggio
che la nostra società ha un’identità debole, confusa, e tutto è possibile.
Per gli emiliano-romagnoli la bandiera italiana non è solo un simbolo di unità, ma ha il significato
di impegno civile, difesa della libertà, sacrificio personale, speranza di pace, patto democratico.

Imparare dagli errori

In politica si è soliti citare i successi e rivendicarne i meriti. Più difficile ammettere gli errori
e assumersene le responsabilità. I successi danno lustro e conferme. Sono gli errori, però,
che offrono l’opportunità di riflettere e di apprendere. Sono gli errori la vera occasione
per mettersi in discussione e migliorarsi. E’ dagli errori commessi nella mia carriera politica
che ho imparato una lezione che desidero condividere.
Spesso, in occasione di elezioni amministrative, che interessano Comuni e Province,
chi ha responsabilità politiche è portato a perseguire l’obiettivo della vittoria elettorale
curandosi più di massimizzare il consenso al proprio partito che di interpretare, con
efficace credibilità, le esigenze diffuse della comunità. Con colpevole strabismo si
guarda all’interesse collettivo, nel tentativo di rappresentarlo al meglio, ma si finisce per
vedere prevalentemente, complici le pressioni molteplici cui si è sottoposti, il vantaggio
del proprio partito. Ci si trova, pertanto, spesso inconsapevolmente, a puntare su
candidati giudicati capaci di rafforzare il partito ma che, alla prova del voto, si
dimostrano inadeguati a rappresentare in modo vincente il sentimento della maggioranza
degli elettori. Non è sufficiente individuare persone capaci di essere ottimi candidati.
E’ necessario trovare persone in grado di essere percepite dagli elettori come
amministratori adeguati a perseguire l’interesse collettivo e a tutelare anche chi non li voti.
Oggi la maggioranza dei cittadini è attenta alle soluzioni concrete ai problemi più che ai
modelli, più o meno alternativi, di analisi degli stessi. L’alternanza di governo si costruisce
grazie alla chiarezza delle proposte e al valore delle idee. Non baste proclamarsi alternativi
e reclamare, solo sulla base di quest’etichetta, la legittimità di una candidatura.
Bisogna compiere ogni sforzo per individuare candidati altamente rappresentativi, visti
come amministratori capaci e sui quali possa convergere la coalizione più vasta possibile di
forze politiche e aggregazioni civiche. Candidati in grado di unire, non di dividere.
Interpreti credibili di un progetto amministrativo finalizzato al concreto perseguimento del
bene comune. Risorse della comunità più che del semplice partito.
E’ tempo di responsabilità, di riaffermazione dello spirito unitario e della volontà di
aggregazione. E’ tempo di fare squadra. Abdicare alla fatica del dialogo e del
confronto e cedere, sotto la spinta di logiche partitiche e asfittici personalismi, alla scorciatoia
di candidati “di bandiera” è una resa alla sfida dell’intesa, che si gioca sulla capacità di
ritrovarsi su ciò che unisce lasciando in secondo piano ciò che divide.

giovedì 15 dicembre 2011

Suggestioni socio-politiche

La società contemporanea propaganda la messa al centro dell’individuo-persona,
ma in realtà si rivolge solo alla persona-maschera, intesa come mera portatrice
di interessi e interprete di ruoli, confinando l’interiorità psicologico-affettiva specifica
dei singoli individui nella "riserva indiana" della loro privacy, per poi invaderla con
bombardamenti mediatici omologanti. Nonostante l'alienazione nichilista e
l'individualismo narcisista permeino il tessuto sociale, conservo un'incrollabile fiducia
nell'uomo e nella sua capacità creativa: il pensiero divergente, il talento artistico,
la passione innovatrice e la vertigine rivoluzionaria sono, a mio avviso, dentro ognuno
di noi. Non manca la potenzialità, manca l'intenzionalità.
Il pensiero divergente è il faro per chi vuole conservare e rafforzare il proprio spirito
critico, la propria capacità analitica e coltivare la propria vena artistica, qualunque
essa sia, in chiave anti alienazione e anti omologazione. La coscienza ha sempre
bisogno di sogni da sognare. I sogni hanno la consistenza dell'aria, ma fanno le rivoluzioni.
La politica, oggi, è come la società: "liquida". L'affievolirsi delle ideologie, che tanta
passione politica e impegno civile hanno generato fino agli inizi degli anni '90, ha
reso sbiaditi i valori e i riferimenti culturali. La fine della tensione ideale ha minato l'etica
pubblica e inquinato la morale individuale del ceto politico. La politica si è trasformata
in pura gestione del potere e del consenso. L'interesse collettivo e il bene pubblico sono
scaduti a meri slogan. Il morto, però, ha afferrato il vivo. Il ripiegamento del ceto politico
su sé stesso, a difesa dei propri interessi particolari, ha generato nella società disaffezione,
disincanto, disinteresse e disgusto, spingendo all'astensione, ma anche a nuove
inedite e interessanti forme di impegno e partecipazione: aggregazioni civiche,
fondazioni, associazioni, nuovi movimenti, forum, magazine, blog e periodici
telematici. Le manifestazioni di un rinnovato interesse per la "cosa pubblica" e il suo
futuro e la messa a punto di nuove modalità di partecipazione alle scelte
progettuali, programmatiche e di candidature delle varie forze politiche, movimenti
d'opinione e aggregazioni civiche, sono una realtà da non sottostimare. Oggi, dopo la
fine di ideologie conflittuali, credo che uomini (politici e non solo) di "buona volontà"
possano riuscire a dialogare su ciò che unisce piuttosto che su ciò che divide.
Sono convinto, infatti, anche per esperienza diretta (16 anni di cariche elettive e incarichi
direttivi), che la buona amministrazione non abbia colore politico e la facciano gli uomini,
non i partiti.

giovedì 1 dicembre 2011

Oltre la destra e oltre la sinistra

Destra e sinistra sono, oggi, categorie politiche desuete. Così come etichette quali progressista e conservatore. Il liberalismo democratico, attento alla dottrina sociale del cattolicesimo, che è sempre stato la mia “stella polare” nell’agire politico, trova oggi sintesi nel paradigma della “economia sociale di mercato”: libertà economica regolata, fiscalità equa, diritti del lavoro tutelati, welfare efficace nella redistribuzione del reddito, attento all'universalizzazione dei diritti di cittadinanza e partecipato sussidiariamente dall'intervento del privato e del privato sociale, civismo e socialità implementati da rigorosa legalità, mutualismo cooperativo e corporativismo solidale. Tale paradigma è alla base del successo del modello "renano", il sistema socio-economico e politico-istituzionale della Germania, considerato oggi il più efficace sia per reggere le turbolenze finanziarie della globalizzazione sia per governare le conseguenti crisi economiche e sociali. Su questo modello, in Germania, sia il centro-destra cattolico liberale sia il centro-sinistra social democratico hanno trovato condivisione fin dagli anni '60. Su questo modello oggi trovano inedite e inaspettate convergenze un politologo laico e d'ispirazione socialdemocratica come il compianto Edmondo Berselli e Papa Benedetto XVI, oltre a una schiera multiforme di politici, economisti, sociologi. C’è qualcosa di analogo anche in Italia? Si. La Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna hanno un sistema socio-economico e una tradizione di buona amministrazione della “cosa pubblica” – grazie al virtuoso connubio di imprenditorialità privata, piccola e media, con mutualità cooperativa cattolica e socialista e di rigore legislativo, legalitario e programmatorio del pubblico con intervento sussidiario del privato e del privato no profit – che rappresentano le eccellenze, di centro-destra e di centro-sinistra, del nostro modello italico. Politici e persone di buona volontà dovrebbero, allora, impegnarsi affinché tali eccellenze venissero considerate patrimonio di tutti, indipendentemente dall’appartenenza politica di chi le amministra, e affinché si generasse cooperazione solidale anziché competizione asfittica. Riconoscere ciò che unisce, tralasciando ciò che divide, porterebbe più facilmente sia al reciproco riconoscimento di piena legittimità sia alla condivisione, se non proprio delle soluzioni, quantomeno della natura, della genesi e dell’entità dei problemi. Il primo passo è prendere coscienza e consapevolezza. Il secondo è condividere il pensiero, tramite la divulgazione e la formazione. Il terzo è l’impegno diretto nella comunità e nelle istituzioni, di qualsiasi ordine e genere, locali. Sogni, suggestioni? Può darsi. Ma l’inerzia, avendo consapevolezza dell’emergenza economica e sociale che stiamo vivendo, ha la stessa valenza della complicità. E poi la fiducia e la speranza poggiano sempre sul e vengono implementate dal comportamento dei singoli individui.

venerdì 12 giugno 2009

San Lazzaro nel cuore

Se guardi San Lazzaro dal colle della Croara, all'ora del tramonto, e vieni colto da un brivido di commozione e una sensazione di appagante serenità ti pervade, capisci cosa vuol dire amare la nostra città. Se l'hai nel cuore, l'hai a cuore. Se ne senti l'identità, senti di appartenere alla comunità locale e senti di dover partecipare alla vita cittadina.
Per 14 anni mi sono preso cura della mia città dai banchi del Consiglio comunale. Ho condotto battaglie campali: contro le clientele, contro gli sprechi, contro la moschea, contro il Civis, contro le speculazioni edilizie; per la tutela della famiglia, la parità scolastica, la sussidiarietà, l'introduzione del Difensore civico, l'intervento dei privati nella realizzazione delle opere pubbliche, la tutela del territorio.
Mi mancherà la vita istituzionale, fra commissioni e sedute consiliari. Ma la routine cominciava a demotivarmi e così ho scelto di lasciare spazio a ragazzi giovani desiderosi di dare il loro contributo. L'entusiasmo che ho visto nei loro occhi è sicura garanzia di impegno e serietà. Faranno bene. Anche meglio di me. La politica è un'arte nobile e si fa per passione, non per mestiere o per abitudine o per ambizione personale.
Luca

giovedì 11 giugno 2009

Analisi del voto

Il Sindaco Macciantelli ottiene il 57,22% dei voti e viene rieletto con 2.ooo voti circa in meno del 2004 (-6,46%!). Se lo conosci, non lo voti. Bocciato.
Viviana Raisi, sostenuta dal solo PDL, prende il 2,12% rispetto al 2004, quando Lega Nord e UDC correvano con il centro-destra. Brava e coraggiosa. Promossa.
Massimo Bertuzzi, Lista civica Noi cittadini, guadagna il 4,35% rispetto alla lista civica candidatasi nel 2004. L'equivalente di quanto l'UDC, apparentata con i civici, prende alle Europee (4,35%) e alle Provinciali (4,77%). Audace e fortunato. Promosso.
I sanlazzaresi che oggi si riconoscono in un modello amministrativo diverso da quello di Macciantelli, sono il 44%. Occorrerà lavorare sodo, nei prossimi 5 anni, per mettere a punto un progetto di governo della città che possa incontrare il gradimento della maggioranza dei nostri concittadini e un candidato sindaco che ne sia degno interprete. Sognare il ballottaggio e la vittoria, si può. I sogni hanno la consistenza dell'aria, ma fanno le rivoluzioni (incruente!).

Luca